Decreto salva liste. Intervista a «La Stampa»

Decreto salva liste. Intervista a «La Stampa»

Intervista rilasciata da Enrico a Carlo Bertini su «La Stampa» di lunedì 8 marzo 2010

«È ovvio a questo punto che il dibattito sulla crisi mercoledì alla Camera con Tremonti si trasformerà in una corrida». Enrico Letta, vicesegretario del Pd, esce dalla riunione del coordinamento dei Big del partito, convocato in notturna per decidere le prossime mosse e come prima cosa si duole che «il tema di questa intervista sia Di Pietro, perché stare qui a parlare dell’opposizione divisa è un regalo a Berlusconi che ci potevamo risparmiare». Ma il rischio che l’ex pm e i movimenti trasformino la piazza di sabato in un processo a Napolitano esiste, al punto che il numero due del Pd lascia intendere che nulla è scontato, perché «ancora non è stato deciso quante e dove saranno le piazze che protesteranno contro questo scempio del governo».
Siete ancora convinti di marciare a braccetto con Di Pietro?
«Il grado di durezza della risposta deve essere molto alto e abbiamo la responsabilità di dimostrare agli italiani che non siamo un’accozzaglia di fischiatori di professione, ma un’opposizione matura per l’alternativa».
Ma l’esempio di queste ore non è che trasmetta proprio questa impressione.
«Bisogna fare un appello a Di Pietro perché ora è troppo importante che l’opposizione sia unita. Nelle prossime ore bisognerà stabilire una linea comune per la manifestazione. Detto questo ognuno si assume le proprie responsabilità: la nostra è di alzare al massimo i toni, di far saltare in Parlamento questo decreto e far di tutto perché il risultato delle regionali sia una risposta democratica a questi atteggiamenti».
Come farete ostruzionismo uniti se Di Pietro porterà in Parlamento la sua richiesta di impeachment a Napolitano?
«Credo che quelle siano parole cui non seguiranno fatti e confido che lui tornerà sui suoi passi».
Ma ancora non c’è stata alcuna marcia indietro. Anzi vi accusa di essere pavidi e ipocriti. Non è troppo grande la frattura tra voi?
«Anche se ci fosse una frattura, ciò non dovrebbe impedirci di fare la nostra parte contro questa vicenda vergognosa. Di Pietro sbaglia, così sposta l’attenzione da Berlusconi a Napolitano e trasmette al Paese l’idea che il Quirinale sia un contropotere sullo stesso livello del governo, non è così. La firma del Presidente non è un avallo di merito e non impedisce all’opposizione di fare il suo lavoro».
Quindi secondo voi Napolitano ha fatto bene a non ingaggiare un braccio di ferro con il governo?
«Difendo Napolitano, ha fatto quello che ha ritenuto utile fare e va bene così, punto. Dopodiché la nostra sarà un’opposizione totale».
Dica la verità: state pensando a separarvi da Di Pietro sabato?
«No, dobbiamo stare uniti, però se quella sarà una piazza contro Napolitano non sarà la nostra. E poi la mobilitazione contro il decreto ci farà suonare uno spartito con molte note. La prima è l’ostruzionismo in Parlamento dove da martedì gli faremo vedere i sorci verdi. Secondo, le azioni di protesta, le cui modalità sono ancora da decidere, non si sa se la piazza sarà una o cento. Terzo, ci sarà una spada di Damocle sul voto del Lazio, perché un ricorso alla Consulta potrebbe annullare tutto: lo scandalo vero non è la vicenda delle due candidature Formigoni e Polverini, ma il tentativo di sovvertire una vicenda indecorosa dove la lista del Pdl non c’era».