Una buona notizia: Cameron non vince

Una buona notizia: Cameron non vince

Intervista rilasciata da Enrico a Umberto De Giovannangeli, pubblicata su «L’Unità» di sabato 8 maggio.

I conservatori non hanno “conquistato” la Gran Bretagna. E questa è una buona notizia per l’Europa». A sostenerlo è Enrico Letta, vice segretario del Pd.

C’è chi legge il voto in Gran Bretagna come una disfatta laburista. È anche Lei di questo avviso?
«No, non lo sono affatto. Il risultato di Gordon Brown deve essere rivalutato e sicuramente inquadrato in una situazione in cui la vittoria del Labour era impossibile. Gordon Brown ha preso un Partito laburista e un Governo che erano ai minimi. Si è creata una condizione per la quale il principale antagonista, il Partito conservatore di David Cameron, non ha vinto. E questo dopo tredici anni di governo laburista, è a mio avviso la notizia».
Tesi che farà discutere…
«E allora sviluppiamola. Siccome di Cameron era stato raccontato che era il “nuovo Blair”, va ricordato che Blair battè nettamente il conservatore John Major, con un Major che aveva preso il posto della Thatcher per pochi anni dopo un quindicennio di governi conservatori. Ebbene, nel momento in cui lo stesso schema si è ribaltato, alla fine i Conservatori non hanno vinto, mentre Blair ottenne un successo netto, che gli permise di governare. I Tory e Cameron non hanno convinto gli inglesi. Complice anche il fatto che i Liberal-Democratici di Nick Clegg sono entrati in gioco, cosa che non era avvenuto precedentemente: resta il fatto che i Conservatori – come riuscì a Blair quindi anni fa – dovevano vincere e convincere, non hanno convinto e alla fine non hanno conquistato la maggioranza assoluta. Questo è il vero dato politico, il che significa che non si apre una fase di destra in Gran Bretagna, mentre si può aprire una fase di grande instabilità».

E qui veniamo al secondo punto. Nonostante il risultato dei Lib-Dem non sia stato quello che si prevedeva alla vigilia, è altrettanto vero che dalle urne esce un «Hung Parliament», in cui nessun partito ha la maggioranza assoluta…». «Il modello bipartitico è saltato…». Guardando questo dato in un ottica italiana, quale lettura politica è possibile dare?
«Sono sempre molto diffidente dal trasporre vicende che sono molto legate a situazioni nazionali dentro altre situazioni. La nostra vicenda italiana ha una sua storia, una sua caratteristica e ha soprattutto una sua particolarità: questa particolarità si chiama Silvio Berlusconi. E questa la rende assolutamente unica, purtroppo per noi. Sono tra quelli che pensa che non è che le elezioni britanniche ci dicono di imboccare una strada invece di un’altra. Sono contento del fatto che Cameron non sia in grado oggi di dar vita a un governo conservatore, perché questa sarebbe stata una pessima notizia per l’Europa e quindi anche per noi. Le conseguenze sull’Italia le vedo più sotto questo aspetto…».

E rispetto al sistema politico?
«Dal punto di vista del sistema politico, o in Gran Bretagna affrontano, e in modo netto, il tema della coalizione, oppure rivotano in autunno. O cambiano mentalità, e dicono: adesso si costruisce una coalizione, come noi siamo abituati a conoscere le coalizioni, altrimenti con venti voti in meno della maggioranza assoluta, un Governo di minoranza non credo sia attrezzato ad affrontare la fase difficile che ha di fronte il Paese. O entrano a piedi giunti nella nuova fase – il che vuol dire imparare a costruire un sistema coalizionale e fare un’alleanza vera e propria – oppure se restano in mezzo al guado, prevedo instabilità ed elezioni a breve. Perché è indubbio che i Liberal-Democratici hanno preso meno di quanto la campagna elettorale lasciasse immaginare, ma sono comunque l’ago della bilancia…».

Per tornare all’Italia…
«I nostri problemi si chiamano Berlusconi e un centro-sinistra che ancora deve trovare la sua identità e la sua stella polare. Questi mi sembrano essere i nostri due temi. Dalle elezioni britanniche quello che viene fuori, per noi, è questa buona notizia sull’Europa, nel senso che, delle due l’una: o tornano a votare oppure fanno un Governo in cui sono determinanti i liberal-democratici che sull’Europa hanno idee simili alle nostre, e questa mi sembra davvero la buona notizia. Sul resto bisogna vedere come se la caveranno…».

L’instabilità britannica alla luce della «crisi greca». Quale conseguenze potrà avere?
«Certamente non positive. Va dato atto a Gordon Brown di aver svolto un ruolo molto importante nell’ultimo anno per dare alla Gran Bretagna, nei fatti, un profilo più europeo. Il fatto che Brown possa uscire di scena è una cattiva notizia, perché rende più centrale la posizione della Germania. E le posizioni assunte da Angela Merkel, anche nel «caso Grecia», non sono certo quelle di un Paese che assume fino in fondo un profilo europeista. Con Kohl le cose sarebbero state ben diverse. Lui sì che era un cancelliere che puntava decisamente sull’Europa. In questo la Merkel non si può certo dire una sua “discepola”».