«Il Carroccio è troppo potente»

«Il Carroccio è troppo potente»

Intervista rilasciata da Enrico a Laura Serafini pubblicata su «Il Sole 24 Ore» il 23 settembre 2010

«Ho l’impressione che il gesto compiuto con le modalità che abbiamo visto sia andato oltre le intenzioni di chi lo ha promosso». Ne è convinto Enrico Letta, vice segretario del Pd, secondo il quale «la vicenda Unicredit mostra che c’è un problema Lega, un partito che è diventato troppo potente rispetto alla preparazione della sua classe dirigente, che entra in vicende del credito in modo scomposto portando effetti devastanti». Letta dice «no a una risposta di tipo provinciale alla crisi». Ma è comunque fiducioso «nella capacità del vertice di Unicredit di fare una scelta di livello internazionale che smentisca le accuse e le tentazioni di provincialismo».

La politica è responsabile del ribaltone?

Questa vicenda dimostra che c’è un problema Lega, perché è diventata troppo potente, entra in tutte le vicende economiche e bancarie, lo fa in modo scomposto con conseguenze devastanti e dando comunque l’impressione che al suo interno ci sia una forte confusione. Le dichiarazioni di oggi (ieri, ndr) di Bossi rasentano il ridicolo: dopo quello che la Lega ha contribuito a provocare, sostenere che il controllo di Unicredit rischia di andare all’estero e si perde l’italianità è paradossale. E in verità l’assurdo è che Bossi ora si metta a difendere l’italianità. Questi sono i tipici comportamenti di chi ha troppo potere ma non è in grado di avere una strategia: lo dimostrano le dichiarazioni completamente agli antipodi di Giancarlo Giorgetti e del sindaco di Verona, Flavio Tosi, due tra i pretendenti al dopo Bossi.

C’è una spaccatura nella Lega?

Non mi pare tanto una spaccatura, ma il fatto che in questo partito chiunque è legittimato a dire e ad agire con l’incapacità di dare una coerenza logica al risultato. Mi pare evidente che Lega e il ministro Giulio Tremonti su questa vicenda siano stati su posizioni diverse. La Lega è andata contro una logica di stabilizzazione del sistema che invece Tremonti sta giustamente perseguendo da tempo.

Pensa che anche il premier abbia avuto una regia?

Silvio Berlusconi ha lasciato il campo a una Lega le cui scelte hanno conseguenze pesanti. Il titolo più inquietante della stampa internazionale è stato quello del Financial Times: «Profumo è troppo moderno per l’Italia». Ne emerge un’Italia raccontata come se fosse la Grecia: tutto questo è figlio di una cultura provinciale che è la vera protagonista di questa storia. Questa vicenda come un altro segno del declino di Berlusconi: se una cosa simile fosse accaduta a Bnp Paribas non credo che il presidente francese Sarkozy sarebbe rimasto a guardare.

Insomma, secondo lei il governo ha latitato.
Le faccio notare che tutto questo è avvenuto quando il governo ha lasciato per mesi la Consob, che ha importanti competenze in questo settore, senza presidente. L’unica cosa che la Lega sa dire sulla Consob è che la sede deve essere portata a Milano. Nel disinteresse di tutti la Ue ha deciso le tre sedi delle authority finanziarie europee: Parigi, Londra e Francoforte. Milano non aveva titolo? Per il leghismo la strategia è Milano che deve prevalere su Roma o Torino, non competere con le altre grandi capitali.

Qual è la sua ricetta per uscire dall’impasse?
La crisi non deve far rinunciare l’Italia ad avere un’ambizione internazionale. Dico no a una risposta di provincialismo alla crisi, no al ripiegamento sui territori. Abbiamo bisogno di grandi banche internazionali come Unicredit e IntesaSanPaolo. E poi non provi la politica a tornare agli anni ’80. Il cda di Uncredit deve dare subito una risposta ai mercati. Sono fiducioso sul fatto che l’attuale classe dirigente e gli azionisti di Unicredit comprendano i rischi del provincialismo e facciano una scelta di valore internazionale. In gioco ci sono gli interessi dei risparmiatori oltre che del paese. In questa storia ci deve essere il lieto fine.

Per Profumo potrebbe esserci un futuro nel Pd?
Metterei da parte questi ragionamenti perché rischiano di danneggiare la coerenza con cui Profumo ha gestito queste vicende. E non aiutano il dibattito politico.