Il Partito democratico è scettico: il taglio costa 30 miliardi

Intervista rilasciata da Enrico a Umberto Rosso, pubblicata su «La Repubblica» di lunedì 11 gennaio.

«Mi pare il dottor Stranamore. Il riflesso condizionato che tac, puntualmente gli faceva scattare il braccio teso nel saluto romano. Berlusconi che annuncia un’altra volta ‘taglierò le tasse’ mi ricorda tanto Peter Sellers».

Vicesegretario Enrico Letta, non crede alle rassicurazioni di Tremonti e Bonaiuti, che escludono iniziative una tantum?
«Noto la cautela del Tesoro, che già rinvia tutto all’anno prossimo. Il che, a maggior ragione, mi puzza di campagna elettorale. Puntuale, ad ogni elezione alle porte, dal cappello del premier salta fuori l’idea di due sole aliquote Irpef: 23% e 33%. Mancano 60 giorni alle Regionali, e voilà: ecco il solito coniglio. Illusionismi buoni per la campagna elettorale».

È la tempistica dell’annuncio che fa diffidare voi del Pd?
«Dal ?94 Berlusconi parla e straparla di riduzione delle aliquote. Ha avuto 8 anni di tempo, tanti ne ha trascorsi in varie riprese a Palazzo Chigi, per realizzare le promesse. Non s’è visto nulla. Uno slogan elettorale».

Ma non rischia di risultare vincente ancora?
«La pressione fiscale in realtà è aumentata, è sotto gli occhi di tutti. Vale per le imprese e vale per le famiglie italiane. La stretta della crisi economica è partita dagli Usa,non è certo colpa di Berlusconi. Però il come ne esci dipende dalle risposte dei governi. Vedi la reazione della Francia».

Che sta facendo Sarkozy?
«La sua maggioranza, che ricordo essere di centrodestra, ha messo al centro la crisi. In questi giorni, e ne sono stato testimone diretto, hanno organizzato un lungo seminario con esperti di tutto il mondo per far ripartire l’economia. Da noi la priorità di Berlusconi rimane la giustizia e sull’economia zero. Così non va».

Ma perché sarebbe un regalo ai ricchi, come dice Bersani?

«Per noi la priorità non è abbassare dal 43 al 33% l’aliquota per i contribuenti più ricchi. La priorità è portare dal 23 al 20% l’aliquota per la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti. Perché sennò finisce come con l’intervento sull’Ici, che ha avvantaggiato solo i più ricchi».

Porte chiuse allora all’ipotesi fisco di Berlusconi?
«Se è serio venga a presentarla in Parlamento. Magari il giorno dopo le Regionali. Accompagnata da una relazione tecnica e dalla copertura finanziaria. E noi ci confronteremo. Resta sempre una cosetta, a grandi spanne, da2O-30 miliardi di spesa».

Credibilità zero, insomma.

«Il taglio delle tasse rispunta dopo un gigantesco regalo da 95 miliardi agli evasori, graziati dallo scudo fiscale, con un obolo del 5%. E dopo una Finanziaria partita con la promessa di eliminare l’Irap e finita con il taglio del bonus fiscale per le famiglie».

E il dialogo con il centrodestra, con il partito dell’amore?
«Lasciamo stare i partiti dell’amore. Il Pd ha nel proprio Dna il riformismo. Io penso perciò che sulle riforme istituzionali dobbiamo confrontarci con la maggioranza, secondo le linee del messaggio di Napolitano. Ma è sul welfare che aspettiamo le risposte pi urgenti».

Cosa chiede il centrosinistra?
«Tre punti-chiave. Riforma degli ammortizzatori sociali, a cominciare dal milione e mezzo di lavoratori parasubordinati privi di qualunque protezione sociale. La cassa integrazione da estendere anche alle piccole imprese. E una no-tax area per dieci anni nel Mezzogiorno: 17 miliardi, nell’ultimo anno, sono stati dirottati dal Sud al Nord. Scajola intanto continua a promettere mirabolanti interventi per il Meridione».

E sulla riduzione delle tasse?
«Vogliamo costruire un sistema fiscale basato sul contrasto degli interessi e sulla progressività dell’imposizione, in cui l’evasione fiscale e il lavoro in nero vengano scoraggiati alla radice. Un esempio? Il meccanismo per le detrazioni nelle ristrutturazioni immobiliari varate dal primo governo Prodi e poi sempre reiterate, che incentivano la lotta all’evasione fiscale. Per le famiglie invece dobbiamo partire dall’introduzione di una dote fiscale per ogni figlio. E sull’economia dobbiamo riequilibrare: oggi il vantaggio è per chi sceglie la rendita. La nostra priorità deve essere alleggerire il fisco di chi lavora e di chi ha spirito imprenditoriale».