Il prossimo governo in continuità con Monti

Il prossimo governo in continuità con Monti

Intervista rilasciata da Enrico Letta a Simone Collini, pubblicata su l’Unità lunedì 2 luglio 2012

Del governo del dopo Monti Enrico Letta dice non solo che, “avrà il Pd come perno” e Bersani come guida, ma anche che “dovrà essere, in forte continuità” rispetto all’attuale esecutivo: “Continuità programmatica e anche di uomini”, sottolinea il vicesegretario del Pd, facendo notare l’avvicinamento tra Monti e le tesi  dei progressisti europei” emerso in modo chiaro nel Consiglio europeo. Quanto alle forze che dovranno coalizzarsi, Letta insiste sul rapporto tra progressisti e moderati, apre a Vendola e chiude a Di Pietro: “Proprio in queste ore emerge in tutta chiarezza la contraddizione tra gli attacchi al Quirinale e il ruolo di Napolitano come massimo protagonista  dell’Italia che vince a Bruxelles”.

 

Partiamo dalle conseguenze politiche del Consiglio europeo: nonostante le continue fibrillazioni del Pdl, il successo spazza via l’ipotesi di voto anticipato?

“Il governo deve durare fino alla scadenza naturale della legislatura. Il dopo vertice è stato interpretato da tutti una sconfitta per il Pdl, che come testimoniano le parole sconnesse di Brunetta è ormai un’armata in rotta, e un successo per il Pd, che come dimostrano la serietà delle parole di Bersani e il fatto che  nessuno nel partito le abbia messe in dubbio sarà il perno del prossimo governo”.

 

Com’è da valutare il silenzio di Berlusconi?
“Berlusconi ha giocato un preciso ruolo in queste settimane, tentando di rientrare in gioco. E lo spauracchio di un suo possibile rientro ha terrorizzato i partner europei. Col vertice di Bruxelles Berlusconi, che si era messo in modo inquietante sulla scia di Grillo, è finito per sempre. Ora bisognerà vedere se ci sarà un’evoluzione verso un moderno centrodestra europeo, se Alfano saprà dare al suo partito un’impronta non antisistema”.

 

Parlava di successo per il Pd, ma i risultati a Bruxelles li ha ottenuti Monti.
“Intanto, le conseguenze politiche europee e italiane del vertice sono non solo molto significative e tutte a noi favorevoli sul lungo periodo, che è quel che ci interessa. È inoltre palese che c’è stato un avvicinamento tra le idee di Monti sul futuro dell’Ue e alcune idee forti dei progressisti europei. Decisivo è stato il rapporto Monti-Hollande. In più a Bruxelles è emersa in modo clamoroso la nostra bandiera, quella di Ciampi, di Prodi, quella che è stata la bandiera fondativa dell’Ulivo prima e del Pd poi. Una delle caratteristiche principali che differenzia noi dal resto del centrosinistra italiano è infatti che per noi l’interesse europeo vuol dire interesse italiano, e non c’è interesse italiano contrapposto o diverso dall’interesse europeista, che richiede un avanzamento dell’integrazione dell’Ue”.

 

Anche se il rapporto con i partner europei, Germania in primis, non sempre ci ha fatto bene?
“L’Italia è un paese dalla statualità debole, può vincere soltanto se c’è un’Europa forte e integrata. Con l’entrata in scena si Brasile, Cina, India, è cambiato il peso specifico dei diversi Stati. E noi non abbiamo una dimensione tale da poter pensare che dobbiamo farcela da soli. Se oggi l’Italia è più forte è perché due italiani, Monti e Draghi, guidano i processi europei, attenti agli interessi comunitari e non a quelli di parte dell’Italia. Il successo di Monti è nato dal fatto che è stato visto al Consiglio europeo come una specie di surrogato di Barroso e Van Rompuy, non come il capo dell’Italia”.

 

Bastano le misure decise a Bruxelles ad uscire dalla crisi?

“Dalla crisi si esce con più Europa, mettendo insieme i debiti e facendo crescita. L’Ue ora può difendersi dalla speculazione facendo unione bancaria e  dando alla Bce la vigilanza sulle banche, mentre sul meccanismo anti spread comincia a mettere insieme il debito dell’Eurozona. Tutto questo è molto importante in vista del futuro ma non vuol dire, per quel che ci riguarda, che possiamo smettere di fare i compiti a casa. La forza di Monti è stata essere arrivato a Bruxelles avendo fatto i compiti a casa, a cominciare dalla riforma delle pensioni e quella del lavoro, avendo dimostrato ai tedeschi che abbiamo riforme rigorose quanto le loro, che non vogliamo chiedere a nessuno di pagare i nostri debiti”.

 

Parlava del ruolo decisivo che ha avuto il  rapporto tra Monti e Hollande, leader socialista alla guida dell’Eliseo: a suo giudizio può significare qualcosa, guardando al futuro della politica italiana?
“L’avvicinamento tra Monti e le tesi dei progressisti europei è segno che il governo che succederà a Monti sarà di centrosinistra, guidato dal segretario del Pd, e in forte continuità col governo Monti. Continuità programmatica e anche di uomini”.

 

Come valuta il fatto che Casini abbia aperto all’ipotesi di una coalizione tra progressisti e moderati?
“Casini riconosce, pur venendo dalla famiglia europea in cui stanno anche Barroso e Berlusconi, che sono stati Monti e Hollande a guidare il processo e capisce che in Italia serve una cosa simile”.

 

Con Vendola e senza Di Pietro, si sente dire nel Pd: perché?
“Il punto è che solo un processo riformatore può salvare l’Italia. Vendola in questi anni ha dimostrato di stare con i piedi dentro il disagio sociale del Paese e nello stesso tempo di essere capace di dare soluzioni di governo guidando una regione importante come la Puglia. È quel che facciamo anche noi, anche Bersani in questi mesi è stato il paladino della fatica della società italiana mostrando un Pd capace di misurarsi con il governo dei processi in atto. Di Pietro a mio avviso non è invece in sintonia con questo tipo di obiettivo. Lo dimostra il suo approccio anti-istituzionale, aggressivo con il Capo dello Stato che è invece il vero architetto di questa operazione e in fondo è il vero vincitore del Consiglio europeo. È chiaro infatti che senza Napolitano non ci sarebbe stata l’Italia protagonista del Consiglio europeo”.

 

A questo punto, cosa deve fare il Pd?

“Costruire una proposta e mostrarla con chiarezza, lavorare a un centrosinistra che abbia nel Pd il baricentro, che riconosca in Casini e Vendola due protagonisti e che apra una fase costituente nella prossima legislatura. Ovviamente, questo deve passare attraverso una riforma della legge elettorale. Già entro questa settimana dobbiamo completare il successo di Bruxelles con un primo sì a un nuovo sistema di voto”.

 

Pensa sia possibile? Dal Pdl arrivano segnali discordanti…

“È interesse di tutti andare alle prossime elezioni in una condizione di praticabilità di campo. Col Porcellum il campo sarebbe impraticabile e la prossima legislatura sarebbe disastrosa. Dobbiamo approvare in tempi rapidi una legge elettorale che garantisca stabilità al governo e ridia ai cittadini il diritto di scegliere
i parlamentari”.

 

Come pensate di trovare un accordo con l’Udc sui diritti civili: la discussione all’interno dello stesso Pd, ad esempio sulle unioni di fatto, non è facile…
“Il lavoro del comitato guidato da Rosy Bindi dimostra che su questi temi siamo molto più avanti di quanto si pensi. Oggi non siamo più nel 2007, una soluzione come i Dico passerebbe in modo molto più semplice nella società italiana. Ovviamente, a patto che nessuno usi questi argomenti per regolare conti di altro genere. E questo vale sia per i contrari che per i favorevoli”.