Art.18 non è priorità ma ammortizzatori sociali e giovani

Art.18 non è priorità ma ammortizzatori sociali e giovani

Intervista rilasciata da Enrico Letta a Michael Pontrelli, pubblicata su Tiscali.it, mercoledì 15 febbraio 2012

Gli eventi politici ed economici di queste ore stanno radicalmente cambiando l’Italia e l’Europa. Sulla riforma del mercato del lavoro, sul salvataggio della Grecia, sulla ristrutturazione della difesa nazionale quale è la posizione del Partito democratico? Lo abbiamo chiesto ad Enrico Letta, uno dei suoi esponenti più autorevoli. Per Letta “il negoziato sulla riforma del lavoro deve rapidamente entrare nel vivo” ma “la priorità non è l’articolo 18” perché sarebbe “temporalmente e logicamente sbagliato”. Il confronto deve iniziare dalla “riforma degli ammortizzatori sociali “ e “dai giovani”. Affrontati questi aspetti “si può discutere anche dell’articolo 18 senza però mettere in discussione la sua esistenza”. Sulla vicenda greca per il vicesegretario del Pd “Bruxelles e Berlino stanno esagerando”. Giudizio positivo sugli annunci fatti dal ministro della Difesa Di Paola ma a patto che la riduzione del numero dei militari venga gestita “con intelligenza e gradualità”. Letta respinge le critiche di un Pd appiattito su posizioni liberiste e lontano dai bisogni della base elettorale: “La sconfitta nelle primarie di Genova è un fatto locale, a livello nazionale tutti i sondaggi indicano un Pd in crescita e vicino al 30%”.

E’ in corso il confronto tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Quale è la sua posizione in merito?
“La nostra posizione, come Partito democratico, è che il negoziato debba entrare nel vivo rapidamente, perché anche i dati che oggi l’Istat ha dato sull’Italia in recessione ci dicono che c’è bisogno di nuove misure che favoriscano l’occupazione e la crescita. Quella sul mercato del lavoro è una riforma che serve esattamente a questo. Sul metodo è molto importante che il confronto coinvolga le parti sociali perché riteniamo sia possibile raggiungere una intesa tra esse e il governo. Sul merito riteniamo invece che l’elemento prioritario debba essere la riforma degli ammortizzatori sociali. Il sistema italiano deve passare dalla difesa del posto di lavoro alla difesa del lavoratore perché molti lavoratori sono privi di ogni forma di tutela. Accanto a questa, la seconda grande priorità è una via privilegiata di ingresso per i giovani. Riteniamo che sia necessario un contratto di inserimento e un rafforzamento dell’apprendistato, strumenti straordinari per dare un impulso alla occupazione giovanile. Sull’articolo 18, prima di avviare la discussione vogliamo capire quali sono le intenzioni del governo”.

Sull’articolo 18 il dibattito è però già iniziato da tempo ed ha evidenziato due posizioni nette: da una parte c’è chi si oppone a qualsiasi modifica, dall’altra chi è aperto ad una sua “manutenzione”. Lei da che parte sta?
“La posizione del Pd, e lo stiamo dicendo già da tempo, è che la questione dell’articolo 18 è temporalmente e logicamente l’ultima che va affrontata perché prima vanno messi al centro della discussione gli altri temi che ho già citato. Solo dopo si vedrà se ci sono margini di discussione per rendere più moderno ed efficace il sistema di tutela dell’articolo 18 che comunque non deve essere eliminato, questo è chiarissimo, perché noi saremmo contrari ad una sua cancellazione”.

L’Italia ha grosse difficoltà a crescere e a creare posti di lavoro. Una via per uscire dalla crisi potrebbe essere quella di lavorare di meno per lavorare tutti? I contratti di solidarietà, per esempio, sono uno strumento che vanno in questa direzione.
“E’ evidente che dentro un sistema solidaristico il contratto di solidarietà è uno strumento essenziale perché bisogna dare la possibilità ad una azienda di avere forme di flessibilità che non si scarichino sui lavoratori. Però questo è uno strumento difensivo. C’è bisogno che il governo metta in campo nel 2012 misure offensive che siano in grado di generare crescita e frenare la recessione. Questo vuol dire riforma fiscale, politica delle infrastrutture e riforma del mercato del lavoro. Questi sono i capitoli principali e quindi invitiamo il governo a essere molto determinato”.

Negli ultimi giorni si è parlato molto della sconfitta del Pd alle primarie di Genova. E’ un segnale di crisi del partito?
“No. Io penso che la vicenda sia legata a una caratteristica genovese. Due dati. Primo, non c’èra un giudizio positivo sul governo della città in questi 5 anni, lo dicevano tutti i sondaggi. Secondo, il Pd è andato diviso con due forti candidati. Questo ha creato i problemi che hanno reso possibile la vittoria di Marco Doria. Ritengo che il caso di Genova debba far riflettere sui due errori che il Pd ha pagato pesantemente. Aggiungo però che non ritengo che la sconfitta debba inficiare il ruolo delle primarie”.

Però quello che è successo a Genova è successo anche in altre città. Secondo alcuni i candidati appoggiati da Sel vincono perché il Partito democratico si sta allontanando sempre più dai bisogni della base elettorale per appiattirsi su posizioni liberiste. Cosa pensa di questa critica?
“E’ una critica sbagliata e i risultati delle primarie non hanno nessun legame con essa perché alle primarie votano militanti dei partiti del centro sinistra. Se guardiamo invece al complesso degli elettori i sondaggi indicano un Pd in crescita in modo consistente per la prima volta dal 2008 ovvero dal picco del 33-34% del Pd di Veltroni. Dopo aver vissuto attorno al 25% per tutti questi tre anni e mezzo oggi il partito è dato, da tutti quasi i sondaggi, più vicino al 30% che al 25%. Questo è il segno che si sono fatte le scelte giuste e non bisogna scambiare il voto dei militanti delle primarie, legato a vicende locali, con un giudizio nazionale”.

Recentemente la Bce ha prestato alle banche 489 miliardi ad un tasso molto basso dell’1%. Per dare il via libera alla seconda tranche di finanziamenti alla Grecia, pari a 130 miliardi di euro, l’Europa sta invece richiedendo un piano di austerity molto duro. Non c’è una disparità di trattamento tra banche e popolo greco?
“Sono due questioni totalmente diverse che non possono essere sommate. La Bce sotto la guida di Mario Draghi in tre mesi e mezzo ha raddrizzato la barca dell’euro e bisogna dare atto a Draghi di aver fatto le scelte giuste. Altra cosa è la vicenda greca sulla quale io penso che Berlino e Bruxelles abbiano chiaramente esagerato. Qualunque creditore deve far vivere il debitore. Se il creditore finisce per strangolarlo è un danno per tutti. Io penso che sia necessaria una politica che tenga conto dei grandi sforzi e dei grandi sacrifici che il popolo greco ha già fatto e sta facendo ed eviti alla Grecia di sprofondare definitivamente nel baratro. Questo serve per tutti. In questo senso il rinvio della riunione europea sugli aiuti non è un buon segnale. Bisogna chiudere rapidamente questa storia senza ulteriori disastri e aggiungo che questa vicenda pone anche un problema democratico”.

Cosa intende dire esattamente?
“Che quanto sta accadendo alimenta un interrogativo sul futuro assetto organizzativo dell’Europa al quale dobbiamo dare una risposta. Una premessa: il Galles, la regione più povera del Regno Unito, riceve molti più aiuti dal Regno Unito di quanti la Grecia riceva dall’Unione europea eppure nessuno a Londra ha mai pensato di cacciare il Galles. Io penso che in Europa bisogna incominciare a fare un ragionamento simile che porti i cittadini dei diversi paesi ad eleggere il governo e il presidente europeo. In questo modo ognuno si sentirà rappresentato non solo dal proprio governo nazionale ma anche da quello europeo, come avviene oggi per un italiano che si sente rappresentato sia dal governo di Roma che da quello della propria Regione. La crisi greca deve essere lo spunto per andare avanti nell’unificazione europea e fare gli Stati uniti d’Europa”.

Il ministro Di Paola ha annunciato una ristrutturazione del sistema della difesa italiana: circa 40.000 mila militari in meno, taglio all’acquisto degli F-35. Come giudica queste novità?
“E’ da apprezzare l’approccio determinato e riformista del ministro della Difesa che ha deciso di guardare in faccia la realtà. Abbiamo un modello di difesa ipertrofico dal punto di vista del personale e dei numeri e ipotrofico dal punto di vista dell’efficienza. Quindi la ristrutturazione di cui il ministro ha parlato ha un senso è può dare al nostro Paese, in prospettiva, un modello di difesa efficiente. Ovviamente noi chiediamo al governo di gestire gli aspetti solidaristici e sociali della vicenda con l’intelligenza e la gradualità che è necessaria perché dobbiamo si avere uno strumento che funzioni ma dobbiamo anche tener conto delle persone”.

L’acquisto degli F-35 è stato tagliato di 41 unità. Da 131 si passa a 90. E’ un taglio sufficiente o si poteva fare di più?
“Abbiamo ascoltato quello che ha detto il governo ma prima di pronunciarmi voglio guardare bene tutti gli aspetti perché c’è di mezzo il tema dell’occupazione in Italia. Una parte di questi aerei viene fatta in provincia di Novara. Bisogna poi considerare che stiamo parlando di acquisti da fare in 15 anni e non domani, quindi, ripeto, guarderemo come gruppo del Pd tutti i particolari prima di esprimere un giudizio su questa vicenda specifica.”