Temono di andare alle urne con un’altra batosta sulle spalle

Temono di andare alle urne con un’altra batosta sulle spalle

Intervista rilasciata a Gofferdo De Marchis, pubblicata su la Repubblica, giovedì 15 novembre 2012

“Esiste la questione economica, certo. Ma quanto costa tenere in vita i consigli regionali del Lazio e della Lombardia che sono morti da settimane, da mesi?”, si chiede Enrico Letta.

Secondo alcuni calcoli, per esempio, il “parlamentino” del Lazio 350 mila euro al giorno. Per non fare nulla. Perché non votare il 10 febbraio anche per le politiche visto che la legislatura è al capolinea? “Ma questa è una decisione che spetta solo al Capo dello Stato. Ed è un argomento che va distinto dai voti regionali”, risponde il vicesegretario del PD.

Non c’è nessuna logica nella presa di posizione del Pdl? “C’è l’antico vizio della destra italiana: mettere la propria convenienza davanti alle istituzioni e all’interesse generale. Vogliono attutire le probabili sconfitte alle regionali e alle politiche mettendole insieme. Ma questo non è accettabile”.

E i 100 milioni di costi maggiori per votare a distanza di 50 giorni? “Prima di tutto andrebbe detto che in due regioni importantissime si vota per colpa di pasticci gravissimi provocati dal centrodestra. Hanno fatto tutto da soli. Regioni dove avevano appena vinto le elezioni e governavano con una larga maggioranza. La questione economica è un argomento che il Pdl fa quando gli conviene. Ma la situazione del Lazio è scandalosa, con un consiglio sciolto da mesi – a febbraio saranno ben otto – che continua a erogare fondi e stipendi. E parliamo di regioni che hanno come capoluoghi Roma e Milano. A questo punto bisognava già essere in campagna elettorale”.

Una soluzione potrebbe essere quella di accorpare le regionali con le politiche. “Sono due piani che vanno completamente distinti. La decisione sulle politiche va fatta in maniera complessiva e sulla base di un interesse generale che solo il presidente della Repubblica deve garantire. L’interesse di Alfano e di Berlusconi è molto diverso: dopo la Sicilia non vogliono che ci siano altre tappe catastrofiche nella strada che porta al voto per il Parlamento”.

Il voto unico piace anche a Pier Ferdinando Casini. “La valutazione che conta è quella di Giorgio Napolitano. E non dimentico che il Parlamento è ancora in alto mare sulla riforma elettorale. Per questo vedo una grande contraddizione nell’atteggiamento del Pdl”.

Quale? “Si è sempre detto che il voto anticipato era legato all’approvazione di una nuova legge elettorale. Ma i primi a traccheggiare sono quelli del centrodestra. Se votare a febbraio significa tenersi il Porcellum, beh noi siamo contrari. Pur avendo, visti i sondaggi, l’interesse a non modificare il premio di maggioranza garantito da quella legge”.

Ma se anche il PD toglie qualche veto la legge si può votare in fretta. “Non mi sembra che si stia marciando in modo da chiudere entro Sant’Ambrogio. E non per colpa nostra”.

Dopo l’approvazione della legge di stabilità, cosa resta da fare al governo. “Qualcosa c’è e non di poco conto. La chiusura dell’accordo sul bilancio europeo anche per sbloccare la vicenda dei fondi per l’Emilia. E il consiglio europeo di dicembre che lancerà definitivamente l’unione bancaria ed economica”.

Ma se Berlusconi fa la crisi di governo, allora si anticipa il voto. “Questa maggioranza si regge su tre pilastri. Se qualcuno si assume la responsabilità di farla cadere, l’esperienza finisce. Basta che sia fatto tutto nella massima trasparenza”.