Enrico Berlinguer, un difensore della democrazia

Enrico Berlinguer, un difensore della democrazia

berlinguer-enricoIntervento tenuto in occasione delle celebrazioni della Camera dei Deputati in ricordo di Enrico Berlinguer a 30 anni dalla sua sua scomparsa

Signor Presidente della Repubblica,

nell’avvicinarmi alla figura di Enrico Berlinguer sento tutta la complessità e allo stesso tempo l’onore di quel che mi viene chiesto.

Molte e profonde le parole che sono state spese qui, oggi, alla presenza del Capo dello Stato e dei familiari più stretti che saluto con affetto. Bella la scelta fatta in questo trentennale con una narrazione moderna e coinvolgente attraverso il film di Walter Veltroni. Intense le emozioni e le suggestioni che una rievocazione come questa di oggi evoca.

È complesso dicevo avvicinarsi alla figura di Enrico Berlinguer. Tante parole in questi trent’anni , molti stereotipi, il dovere comunque di legare sempre quelle parole e quelle azioni al tempo, ai tempi così particolari dai quali esse provengono.

Enrico Berlinguer ha accompagnato e determinato la crescita e l’irrobustimento della democrazia italiana. Ha ancorato il più grande partito comunista dell’occidente ai principi democratici facendo in modo che la democrazia italiana fosse migliore. Fosse una democrazia più’ sostanziale, più partecipata, più di popolo.
Enrico Berlinguer ha difeso la democrazia italiana. Si può dire che sia stato tra coloro che con più determinazione abbiano difeso la democrazia italiana. Lo ha fatto in tanti modi ma soprattutto con la drammatica scelta della linea della fermezza e con la resistenza totale all’aggressione terroristica, fenomeno che oggi appare troppo sbiadito nei ricordi di un intero paese spesso irriconoscente nei confronti dei suoi martiri, delle loro famiglie e dei servitori dello Stato caduti sotto i colpi della follia dei tanti, troppi, efferati disegni eversori.
Chissà se non ci fosse stato Enrico Berlinguer cosa sarebbe stato della difesa dello Stato dal terrorismo. Chissà se non avrebbero prevalso cedimenti e negoziati con l’effetto di indebolire irreparabilmente il tessuto democratico italiano. Noi generazioni venute dopo, dobbiamo oggi profonda riconoscenza a chi come lui ha difeso la nostra democrazia in quei passaggi così drammatici.

E’ proprio questo il punto di vista peculiare che voglio provare a sviluppare oggi, lo sguardo, che le generazioni che lo hanno appena conosciuto o sono arrivate dopo la sua scomparsa, possono dare alla figura di Enrico Berlinguer.

La questione della democrazia in Italia, del suo miglioramento qualitativo e quantitativo mi paiono essere il cuore della vicenda politica di Berlinguer. Egli ha lavorato per dare attuazione al disegno costituzionale innanzitutto nel sostegno all’idea che i corpi intermedi siano il pilastro della democrazia rappresentativa. Il lavoro continuo e paziente per fare dell’Italia il paese della partecipazione, a tutti i livelli, e la spinta perché questa partecipazione non fosse individuale e distinta ma fosse personale e popolare. Se oggi un dovere morale dobbiamo tutti sentire e’ quello di non disperdere quei valori, sotto l’attacco violento dei populismi che in Italia come in Europa vogliono trasformare la democrazia in consumismo elettorale. A maggior ragione questo dovere dobbiamo sentirlo mentre è in corso un pericoloso indebolimento di tutte le forme e i luoghi della democrazia partecipativa. Partiti, associazioni, sindacati, autonomie locali vanno chiamati alla modernizzazione e al rinnovamento non alla scomparsa come certi messaggi populisti vogliono perseguire. L’idea che la democrazia si riduca all’azione passiva e magari rabbiosa di una preferenza da spettatore e’ oggi un rischio elevato che necessita uno sforzo corale e opzioni lungimiranti. Anche perché l’effetto finale e’ quello di un preoccupante calo dell’affluenza al voto.

Enrico Berlinguer ha lottato tutta la vita per far avanzare la democrazia nella sostanza dei suoi contenuti essenziali. Con scelte di grande modernità come l’impegno per la crescita della partecipazione femminile per la vera aspirazione alla parità delle opportunità, uno dei capitoli fondamentali dell’eredità berlingueriana.
A questo obbiettivo di crescita e consolidamento della democrazia appartiene sicuramente il capitolo a mio avviso principale della sua azione politica. La scelta da parte di Berlinguer di perseguire il difficile ma fondamentale confronto tra le forze popolari del paese, riconoscendo nel popolo cristiano democratico l’interlocutore necessario per quell’avanzamento democratico. Quanto e’ stata sofferta e complessa quella scelta. Ma quanti semi ha gettato nel terreno riarso della difficile nostra democrazia. La fortuna fu l’aver trovato gli interlocutori giusti per un dialogo così difficile. Moro e Zaccagnini presero a loro volta un altissimo rischio nel perseguire quel dialogo. Lo fecero sapendo le incomprensioni interne e soprattutto internazionali che questo avrebbe generato. Se ne fecero carico. Senza scaricare responsabilità, ma assumendosi responsabilità secondo il modo di essere di chi sa cosa vuol dire e quanto costa personalmente essere uomo di stato.

Interpretare il proprio ruolo, la propria funzione, come dovere morale di caricare sulle proprie spalle le responsabilità fu proprio ciò che fece Enrico Berlinguer fino in fondo. Anche quando fece errori. Quando rinchiuse la sua azione dentro frontiere di territori conosciuti. Quando non si fermo’ in tempo rispetto a battaglie frontali come quella della scala mobile.

Perso il filo del dialogo con interlocutori come Moro, che non c’erano più, decise di non perseguire alleanze che sentiva ormai più formali e forse opportunistiche che sostanziali e strategiche, come il rapporto con i socialisti e i partiti laici. Chissa’ se quelle strade fossero state, nonostante tutto, perseguite, come sarebbe stata la storia politica italiana tra prima e seconda repubblica. Ma la storia non si fa con i se.

Rimane che la ricerca costante e faticosa di quel rapporto con le forze popolari e’ stato il filo che Enrico Berlinguer ha perseguito per tutti i tormentati anni settanta con sguardo lungo e senso di servizio al paese. L’attenzione al mondo cattolico (cito la risposta alla lettera di monsignor Bettazzi come sintesi dei suoi pensieri) e al suo radicamento reale nella società italiana sono anche state la naturale conseguenza del senso profondo di rispetto, quasi sacrale, che Enrico Berlinguer sempre dimostrava per le radici della democrazia e della scelta repubblicana nel nostro paese. La fase eroica, creativa e costituente della nostra democrazia e’ stata sempre il punto di riferimento per lui e per una intera generazione, alla quale dobbiamo profonda gratitudine, che a tutti noi ha voluto con caparbietà trasmettere la forza unica e unitaria di quell’atto di nascita. Enrico Berlinguer non ha mai interrotto quel filo che inizia proprio dalla lotta contro la dittatura e dal comune lavoro per dare al paese una Carta Costituzionale condivisa e uno Stato che ognuna delle forze popolari sentisse come casa propria. Quegli stessi principi di unità sostanziale del paese e delle sue istituzioni che il Presidente Napolitano elaborò nel discorso in occasione della sua rielezione al Quirinale.

Enrico Berlinguer ci racconta di un servizio al paese in cui le scelte dell’oggi, per il domani, fanno sempre i conti con le radici di ieri. E queste radici sono ciò che ci unisce. E se e’ vero che ciò che ci unisce e’ più forte di ciò’ che ci divide e’ vero anche che questo rispetto va alimentato in continuazione.Esso deve essere innanzitutto rispetto per gli avversari, riconoscimento del loro ruolo fondamentale, non voglia di sopraffazione con ogni mezzo e di denigrazione e disprezzo, come purtroppo nelle aule parlamentari e nel paese in questi ultimi tempi si è sperimentato. Fortunatamente il recente fondamentale risultato delle elezioni europee ha dimostrato che la larga maggioranza degli italiani rifiuta una politica costruita sulla distruzione. Vuole le riforme, vuole una democrazia che funzioni e che risolva i tanti gravi problemi che attanagliano il paese. Vuole pulizia, esattamente come chiedeva Enrico Berlinguer con quello straordinario colloquio con Eugenio Scalfari sulla questione morale nel 1981.

Gli italiani vorrebbero, vogliono guardare al futuro con fiducia. Non vogliono pensare che per la nostra Italia, nella grande partita della globalizzazione, le cose possano solo peggiorare. Non è così. Le cose possono migliorare. Se lo vogliamo e se ci assumiamo le responsabilità necessarie non solo per l’oggi ma anche e soprattutto per il domani.

Diverse e lontane sono le sfide che l’Italia di oggi ha di fronte rispetto a quelle dell’ Italia di Berlinguer. E quindi parlare di globalizzazione e di sfide globali può apparire fuorviante. Eppure quell’ uomo (lo dico per inciso) che parlava con quell’affascinante e attraente accento sardo (che da bambino in tv sentivo così familiare per quella parte delle mie radici sarde e soprattutto sassaresi) si muoveva ai suoi tempi davvero con la mentalità di cittadino del mondo. Sapeva che quello che accadeva in Cile avrebbe avuto conseguenze dirette da noi, si appassionava ai cambiamenti in corso in Asia e cercava di capire in Europa l’effetto che avrebbe avuto la fine dei totalitarismi in Portogallo, in Spagna e in Grecia. Invogliava il lavoro di Giorgio Napolitano nelle direzioni atlantica ed europea. Era curioso di capire Brandt, Palme e Kreysky, forse le figure della socialdemocrazia che lo attraevano di più, faceva la scelta di avere Altiero Spinelli come portabandiera nel primo Parlamento Europeo eletto direttamente, fino a quello straordinario momento, subito prima della scomparsa di Berlinguer, rappresentato dall’approvazione da parte dell’Aula di Strasburgo della proposta di Trattato sull’Unione che proprio Spinelli aveva elaborato e portato avanti. Quella stessa mentalità globale Enrico Berlinguer cercava di trasmettere (ho trovato particolarmente suggestivo l’aneddoto che Bianca racconta con il padre che le suggerisce di studiare l’arabo) sapendo che per un paese con la geografia e la storia dell’Italia il provincialismo e l’isolamento sarebbero stati mortali. Insegnamento oggi ancora più valido di ieri.

Oggi abbiamo di fronte sfide diverse rispetto ai tempi di Berlinguer. Ma la questione democratica ritorna centrale. Ritorna soprattutto centrale l’idea della democrazia come partecipazione e come via privilegiata per affrontare le drammatiche disuguaglianze della nostra società cresciute a seguito della più terribile crisi economica e sociale che il nostro paese e l’Europa intera abbiano mai vissuto.

In conclusione dobbiamo interrogarci onestamente sulla forza oggettiva dei larghi e crescenti sentimenti di simpatia che attorno alla figura di Enrico Berlinguer sono improvvisamente emersi in questo trentennale. Dico improvvisamente perché la stessa cosa non avvenne per gli anniversari precedenti. Perché? Il tempo che passa, forse? No, spesso succede l’opposto e il tempo che passa sbiadisce. Quel che è successo in questo trentennale deve farci riflettere. C’ e’ voglia di autenticità. Quel sentimento forse più forte di tutti gli altri nel raccontare oggi cosa dice a generazioni più giovani la figura di Enrico Berlinguer. Autenticità nei comportamenti e nei valori.

Oggi, come quando c’era Berlinguer, dipende dagli uomini e dalle donne di questo tempo trovare le soluzioni e farsi carico delle responsabilità. Sapendo che quello che conta davvero e’ il giudizio delle generazioni future.