La riforma delle istituzioni

La riforma delle istituzioni

Aula parlamentareTesto tratto dalle dichiarazioni programmatiche presentate da Enrico Letta alla Camera in occasione del voto di fiducia.

L’appello alla responsabilità e alla capacità di trovare terreni di convergenza è ancora più pressante nel nostro compito di riformare le istituzioni, anche perché auspico che per la scrittura delle regole che riguardano la vita democratica di tutti il fronte si allarghi anche alle forze che non hanno intenzione di sostenere il governo in modo organico, che devono partecipare pienamente al processo costituente.Vedo oggi una via stretta, ma possibile, per una riforma anche radicale del sistema istituzionale e del sistema politico.Un imperativo deve essere chiaro a tutti noi fin dal primo momento: in questa materia negli ultimi decenni abbiamo assistito troppe volte all’avvio di percorsi riformatori che si presentavano come risolutori, che nelle intenzioni anche sincere di chi li proponeva, promettevano di regalarci istituzioni più efficienti e capaci di decidere, oltre che maggiormente vicine ai cittadini, e che invece si sono infranti contro veti reciproci, chiusure partigiane, prese di posizione strumentali e contrapposizioni dannose nonostante i reiterati richiami del Presidente della Repubblica.

Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi.

Dal momento che questa volta l’unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell’approvazione delle riforme che il paese aspetta da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l’ennesima volta, non avrei esitazioni a trarne immediatamente le conseguenze.

La moralità della politica è quella di prendere le decisioni che i cittadini si attendono, e di rispettare gli impegni presi di fronte al paese e alle istituzioni.

L’obiettivo complessivo è quello di una riforma che riavvicini i cittadini alle istituzioni, rafforzando l’investitura popolare dell’esecutivo e migliorando efficienza ed efficacia del processo legislativo. I principi che devono guidarci sono quelli di una democrazia governante: la capacità degli elettori di scegliersi i propri rappresentanti e di decidere alle elezioni sui governi e le maggioranze che li sostengono.

Dobbiamo superare il bicameralismo paritario, per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello che abbiamo appena sperimentato, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo. Nessuna legge elettorale è infatti in grado di garantire il formarsi di una maggioranza identica in due diversi rami del Parlamento.Dobbiamo quindi istituire una seconda Camera – il Senato delle Regioni e delle Autonomie – con competenze differenziate e con l’obiettivo di realizzare compiutamente l’integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una più chiara ripartizione delle competenze tra i livelli di governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V. Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire le provincie. Semplificazione e sussidiarietà devono guidarci al fine di promuovere l’efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi di funzionamento dello Stato. Questo non significa perseguire una politica di tagli indifferenziati, ma al contrario valorizzare comuni e regioni per rafforzare le loro responsabilità, in un’ottica di alleanza tra il governo e i territori e le autonomie, ordinarie e speciali. Bisogna altresì chiudere rapidamente la partita del Federalismo fiscale, rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia salvaguardando la centralità dei territori e delle Regioni. Si può anche esplorare il suggerimento del Comitato di Saggi istituito dal Presidente della Repubblica per la eventuale riorganizzazione delle Regioni e dei rapporti tra loro.

Occorre poi riformare la forma di governo, e su questo punto bisogna anche prendere in considerazione scelte coraggiose, rifiutando piccole misure cosmetiche e respingendo i pregiudizi del passato.

La legge elettorale è naturalmente legata alla forma di governo, ma si possono sin da ora delineare gli obiettivi fondamentali. Innanzitutto, dobbiamo qui solennemente assumere l’impegno che quella dello scorso febbraio sia l’ultima consultazione elettorale che si svolge sulla base della legge elettorale vigente. Cambiarla serve non solamente per assicurare la formazione di maggioranze sufficientemente ampie e coese, in grado di garantire governi stabili; ma prima ancora per restituire legittimità al Parlamento ed ai singoli parlamentari. Non possiamo più accettare l’idea di parlamentari di fatto imposti con la stessa presentazione delle candidature, senza che i cittadini abbiano la possibilità di individuare il candidato più meritevole.

Sono certo che le forze politiche siano in grado di trovare delle ottime soluzioni. Permettetemi di esprimere a livello personale che certamente migliore della legge attuale sarebbe almeno il ripristino della legge elettorale precedente.