Altro che amore, dal premier un discorso denso di odio

Altro che amore, dal premier un discorso denso di odio

Intervista rilasciata da Enrico a Teresa Bartoli, pubblicata su «Il Mattino» di domenica 21 marzo.

«Il governo che scende in piazza contro l’opposizione. È il mondo alla rovescia»: per il vicesegretario del Pd Enrico Letta, che domani e martedì sarà a Napoli e in Campania per la campagna elettorale, il filo conduttore del discorso di Berlusconi è stato «l’odio, altro che l’amore».

Se Berlusconi guida il «partito dell’amore», lei è un esponente del partito «dell’invidia e dell’odio»?
«È grottesco. Il filo conduttore del discorso di Berlusconi è stato proprio l’odio, nei contenuti e nei toni con cui si è rivolto contro chi dipinge così per mascherare la crisi della sua politica. È il mondo alla rovescia: non si è mai visto un governo che scende in piazza contro l’opposizione».

Una scelta di campo: Berlusconi ripropone il referendum su se stesso. È questa la posta in gioco?
«No. Si vota per le regionali e la qualità dei candidati in campo. Lui parla d’altro perché i nostri sono di gran lunga più autorevoli e credibili. Non è un referendum e noi non dobbiamo seguirlo in questa logica».

Dovreste convincere Di Pietro che vuole «mandare a casa il governo».
«Lo manderemo a casa con le elezioni politiche. Queste possono essere prove generali ma, appunto, di prove si tratta. Lo ripeto, bisogna votare per buoni governi regionali».

Secondo il premier è la sinistra, coi suoi «amici magistrati» ad aver impedito che si parlasse di «quanto di buono ha fatto il governo». Cavalcate le inchieste?
«Veramente mi sembra che a cavalcarle sia lui che ha subito parlato bene del magistrato di Bari. Noi continueremo, rigorosi e lineari, a parlare di cose concrete: scuole, sanità, lavoro».

Berlusconi chiede una conferma del mandato popolare per realizzare, dopo le regionali, la «grande riforma istituzionale». Siete disponibili a discuterne?
«L’ipotesi che mette in campo è confusa. Tanto che non sa ancora se vuole l’elezione diretta del premier o del presidente della Repubblica. Uno dei due purché sia elezione diretta? Per noi, il punto non è questo ma metter mano a riforme sulla base della bozza Violante: fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio per rendere il sistema funzionante. Se la voglia di confronto del premier parte e si ferma al presidenzialismo, è un modo di chiudere il dibattito».

Sarà riproposta anche la riforma della giustizia «per tutelare la privacy dei cittadini».
«Farei un referendum tra i cittadini, chiedendo se il problema della giustizia è la privacy o i tempi. Non ho dubbi che risponderebbero ?i tempi? e dunque la riforma della giustizia civile. Su questo continueremo testardamente a tentare di realizzare la riforma. Altro è solo nell’agenda personale di Berlusconi, fuori da quella dell’Italia».

Quale risultato dirà che il progetto Pd vince e va avanti?
«Dobbiamo vincere una regione più di loro. Ma il Pd non è in discussione: ha avuto la conferma dei tre milioni e centomila italiani – veri, non come il milione sbandierato a San Giovanni – che hanno votato alle primarie».

Le regionali sono anche banco di prova dell’alleanza futura. È possibile conciliare l’auspicata intesa con l’Udc e l’alleanza con la sinistra?
«È possibile solo se c’è un Pd forte. Lo dimostrano proprio le regionali: dove il Pd è forte e convincete, si realizzano alleanze larghe, dove è più debole no».