Per l’Europa il futuro è adesso

Per l’Europa il futuro è adesso

Articolo di Enrico, pubblicato su «Il Sole 24 Ore» di venerdì 26 marzo.

Nel colpevole disinteresse del dibattito italiano, l’Unione Europea, al vertice di Bruxelles, si sta confrontando con decisioni che condizioneranno il suo e, quindi, il nostro futuro. Il rischio-fallimento della Grecia – paese che condivide con noi la moneta – ha una rilevanza che va ben oltre il caso in sé. È la prima vera crisi dell’euro. E l’euro rappresenta ad oggi la realizzazione tangibile più ambiziosa e lungimirante del disegno che accomuna i paesi europei. Se questa crisi verrà risolta, come sembra, con un intervento di Washington, cioè del Fondo monetario internazionale, nulla sarà più come prima. Dunque, invece di cogliere l’occasione per correggere il disegno comunitario, asimmetrico tra una completa unificazione monetaria e un’incerta unione economica e politica, Bruxelles rischia di assumere decisioni dettate soprattutto dall’agenda domestica tedesca. Decisioni che potrebbero aggravare, anziché bilanciare, questo squilibrio.

La conseguenza non è estetica, né ideale. È molto concreta. Senza gestire al suo interno la crisi greca e senza dar vita a una nuova struttura ad hoc – Daniel Gros, sulle colonne del Sole del 14 marzo, ha proposto la creazione di un Fondo monetario europeo – per accompagnare i paesi membri dell’euro nella rotta decisa in comune dall’eurogruppo e dalla Bce, i danni per l’Europa e per l’Italia saranno, appunto, concreti e rilevanti.

Come si potrà allargare ulteriormente l’area dell’euro, obiettivo essenziale per essere più forti su scala globale? Come lo potremo fare essendo sprovvisti di quegli strumenti indispensabili per indirizzare vecchi e nuovi membri al rispetto delle decisioni comuni? Come potrà, l’Unione, essere credibile nello scenario mondiale su temi chiave come l’energia o le nuove regolamentazioni finanziarie internazionali, per citare i due dossier di più immediata rilevanza e attualità? Chi mai darà retta alla voce unitaria di Bruxelles se poi sarà l’agenda interna della Germania a dettare la linea?

E, attenzione, non si pensi che per l’Italia le ripercussioni saranno poco rilevanti. Il nostro interesse nazionale a promuovere e rispettare decisioni “europee”, nel campo sia dell’energia sia delle nuove regole finanziarie internazionali, è primario, come sottolinea sempre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Per non parlare del fatto che, se la Germania vincesse definitivamente la sua partita pro-Fmi, la decisione per il dopo-Trichet alla Bce prenderebbe una piega negativa per noi che, oltre a volere una Bce “europeista” e non tedescocentrica, abbiamo in campo il candidato di gran lunga più autorevole, Mario Draghi.

Per tutti questi motivi, in queste ore è in gioco il futuro della moneta unica e dell’Unione. E il futuro dell’Italia che, senza un euro e un’Unione forti e credibili, non ha la taglia né l’autonomia necessarie per reggere il confronto internazionale in uno scenario profondamente cambiato rispetto al passato. Eravamo nel secolo scorso un paese grande in un mondo “piccolo”. Eravamo nel G-7 e tra i fondatori della Comunità europea. Oggi siamo un paese medio in un mondo “grande”. Senza l’Europa e senza l’euro non ce la facciamo da soli. Prenderne atto non significa rinunciare alle ambizioni nazionali. Viceversa, vuol dire passare dal velleitarismo all’efficacia di una presenza influente dell’Italia nella modernità di un mondo che ha cambiato faccia e protagonisti a cavallo tra i due secoli.

Ci appelliamo a chi rappresenta l’Italia al Consiglio europeo di Bruxelles. Blocchiamo questa deriva “eurofredda”. Alleiamoci con chi sta combattendo, ancora in queste ore, per gestire in sede europea la crisi greca ed evitare che sia Washington, da Oltreoceano, a risolvere una questione interna all’Unione, una nostra questione. La Germania minaccia di porre il veto su decisioni solo europee? Ebbene, l’Italia faccia lo stesso nel caso di decisioni di segno opposto, tanto più che oggi possiamo permettercelo visto che già da tempo non siamo più noi la I dei cosiddetti Pigs. Il nostro paese nei momenti cruciali della storia comunitaria è stato coraggioso e decisivo. Questo è uno di quei momenti.